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Vecchio 29-10-12, 11:51   #1
Ombra63
Occasionale
 
Data registrazione: 29-10-12
Messaggi: 16
Predefinito Ciao a tutti, eccomi qua!

Mi chiamo Luca e sono toscano, vivo a Livorno e ho 49 anni, 2 figli e lavoro come impiegato in un'azienda privata.
Sono malato di MICI dal 1998, con il primo ricovero nei primi mesi del 1999. Da allora ho "provato" sulla mia pelle diverse strutture sanitarie: Livorno, Pisa e sono approdato finalmente, dopo molta incertezza sulla diagnosi, al Sant'Orsola di Bologna nel 2001, dove ho trovato un reparto di eccellenza per lo studio delle MICI e un' umanità davvero speciale nell'affrontare le varie situazioni connesse alla malattia.
Ho avuto una diagnosi di RCU che ho curato nel corso degli anni con tutti i protocolli possibili: dall'omeopatia, al probiotico alla mesalazina (subito abbandonata per intolleranza), poi finalmente mi sono assestato sulla Salazopirina con clipper pasticche e clismi rettali.
Nelle fasi di forte recidiva spesso ho sostituito il clipper con Urbason o Medrol.
Al momento, dopo anni di corticosteroidi che non ho mai potuto davvero abbandonare ho avuto l'insorgenza di un Cushing con complicazioni di diverse infezioni, tra cui anche oculari, che mi hanno peggiorato anche la vista.
Visto che la malattia non va in remissione, con personali problemi di salute a tutti noti, oltre che problemi lavorativi connessi, le alternative erano l'intervento oppure gli immunosoppressori, ai quali sono sempre stato piuttosto contrario.

La linea dei medici che mi seguono è da sempre stata conservativa, anche perché non ho ancora i sintomi che inducono a scegliere obbligatoriamente la strada chirurgica, percio' dopo molte paure e tanta informazione sono ripassato al trattamento con immunosoppressori che avevo già provato e poi sospeso un paio di anni fa per i problemi connessi ben noti.
Ho ricominciato adesso con l' Azatioprina e costante monitoraggio tramite analisi del sangue.

Uno dei problemi della malattia credo sia quello che, a volte, ci si sente non capiti e isolati da chi magari, tra gli amici, sul lavoro non ha patologie simili e quindi non può capire il disagio e lo scoramento che può portare questa malattia, il senso di impotenza che può prendere.
Io ho avuto sempre una grande forza nell'affrontare i problemi e ho cercato sempre di trovare nel lavoro, nella famiglia, motivo per non darsi mai per vinti, grazie ai medici sono riuscito a convivere, a volte bene a volte meno bene, come in questi ultimi due anni, con la malattia.
Voglio portare perciò un messaggio di speranza anche alle persone più giovani che sono colpite da questa malattia che ad oggi è sempre più presente.

Mi auguro di poter aiutare e portare, compatibilmente con il tempo che ho a disposizione, la mia esperienza e trovare conforto nell'esperienza di altri.

Un saluto a tutti.
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