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Vivere il Crohn o la Colite Ulcerosa Raccontiamo le nostre storie e i nostri problemi quotidiani. Condividiamo le nostre ansie e le nostre paure, ma anche i nostri successi ed espedienti per vivere meglio la nostra condizione. |
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26-02-13, 19:28 | #1 |
Tutor
Data registrazione: 17-03-12
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Messaggi: 266
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La mia prigione
Ciao a tutti, amici.
Comincio ad avere un po' di paura. Oggi non ho fatto altro che pensare, rimuginare, camminare per non pensare troppo e poi...tornare a farlo senza nemmeno accorgermene. Sto vivendo un periodo davvero difficile, senza esclusione di colpi. E' da Settembre-Ottobre che il mio Morby fa i capricci e, a causa di questo, sono sotto deltacortene da allora. Hanno notato che i miei miglioramenti sono stati troppo blandi da quando ho cominciato con l'infliximab: con la colon hanno visto che i 20 cm di anse esplorate sono tornate al loro normale aspetto, sebbene sia comunque evidente la presenza di granulociti nelle mucose. Ho fatto numerosi esami ematologici in questi mesi e la situazione depone per uno stato infiammatorio persistente. Mi hanno programmato l'entero RMN soltanto per il 31 di Gennaio (a causa delle code per la risonanza) e l'esito l'ho avuto dopo 8 giorni. Da allora sto aspettando che i medici mi contattino per capire "di che morte morire", visto che sono 4 mesi che non faccio infliximab e ormai non c'è parte del mio corpo che non ne risenta. Ho già le ossa piuttosto malmesse (per via di Artrite Psoriasica, Sacroileite e Osteoporosi), quindi per me la situazione non è proprio semplice da gestire e neppure salutare: tutto questo cortisone peggiora il mio stato, gà precario, di calcificazione ossea ed io, sinceramente, vorrei evitare il più possibile di mettere "benzina sul fuoco". La mia prigione è questo continuo stato d'ansia. Badate bene: ormai sono consapevole che il mio Crohn è troppo aggressivo, esteso e difficile da contrastare. E' quest'attesa che mi divora! Mi sta torturando questa estenuante, lunghissima, difficile attesa. Sono mesi che aspetto e mesi che quasi non vedo l'ora di fare l'intervento. Guardo fuori dalla finestra come se il mondo attorno a me fosse fermo dal giorno in cui mi dissero "c'è una buona probabilità che ti operi", frase alla quale si aggiunse -poco meno di un mese fa- "la stenosi c'è". La mia prigione è la mia testa, che vaga senza meta tra pensieri e preoccupazioni che una ragazza della mia età ha quotidianamente. A queste si aggiungono gli amici in ospedale, l'ex fidanzato torturatore alla ricerca di una fantomatica amicizia, la nonna ormai a rischio ischemie cerebrali, la voglia di lavorare per rendermi totalmente autonoma e quei due maledettissimi esami che mi mancano al conseguimento della laurea, con tesi già pronta. Perché tutto questo? Certe volte mi chiedo perché la vita continua a mettermi alla prova. E' come se qualcuno lassù mi dicesse "Claudia, tu sei destinata a soffrire per ottenere ciò che vuoi". Domani, a quanto pare, avrò qualche risposta. Mi auguro solo non sia una mia illusione perchè davvero non ce la faccio più. La mia prigione è dentro di me. Fa parte di me. Forse sono io stessa che imprigiono tutto affinchè nessuno possa scrutarne i dettagli. Mi sento in gabbia nei miei stessi pensieri. Vorrei, più di ogni altra cosa al mondo, guardare da quella finestra un giorno e dire "oggi finalmente splende il sole!".
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Claudia |
26-02-13, 20:05 | #2 |
Tutor
Data registrazione: 17-02-12
Messaggi: 183
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Ciao Claudiè
Che dire..se non che posso veramente capire la tua situazione, almeno in parte. Io sono passato per quello che posso dire sia stato il mio inferno personale. Non ne sono ancora fuori, e sto combattendo per cercare di arrivare alla fine del tunnel, se mai questa ci sarà. Devo dire che come tu stessa e altri mi hanno detto mesi fa, la nostra malattia va a cicli, e a volte è veramente bastarda e non da tregua. Quello che vorrei cercare di dirti, sperando che possa esserti d'aiuto, è che è maledettamente vero che la prigione è nella tua testa, e che tutti i pensieri e le sensazioni negative aiutano a alzare sempre di più le mura della cella fino a chiudertisi addosso. L'ho sperimentato anche io. Quando la terapia Humira non voleva funzionare e mi è stato detto "proviamo l'Infliximab come l'ultima chance, dopodichè si dovrà ricorrere alla chirurgia, ti togliamo il colon" la paura, lo sconforto e tutte le sensazioni di sconfitta e abbandono che ho provato la scorsa estate quando il mondo mi è crollato addosso (crisi e fase acuta dopo l'intervento di fistulectomia e la mia compagna che mi abbandona proprio in quel momento) sono ritornate ancopra più forti, e non potevo guardare da nessuna parte senza vedere tutto nero... E' stato l'incubo peggiore della mia vita e mi sono trovato sul pavimento del mio bagno dopo l'ennesima scarica che mi ha sfinito per violenza e dolore, senza forza, senza potermi rialzare, quasi come a voler accettare la sconfitta definitiva e voler morire li. La cosa che mi ha aiutato a accettare la malattia e, col tempo, a trovare in me stesso la forza di affrontarla e cambiare il mio approccio verso di essa è stata la psicoterapia. Probabilmente tu sei più avanti di me e hai già vissuto queste esperienze, quindi forse ti sto dicendo cose già sentite e provate. Non lo so, spero solo di offrirti uno spunto che possa permetterti di lavorare con la testa, eventualmente in caso tu non lo abbia già fatto, provare un percorso psicoterapeutico. A me ha dato e sta dando degli strumenti veramente validi che permettono una autoanalisi efficace con lo scopo di una maggiore consapevolezza di se stessi. Non solo, ma mi ha insegnato a "mollare" tante delle mie posizioni rigide nei confronti di me stesso e delle cose che mi succedono e che mi sono successe, a partire dalla malattia e dalla mia separazione. Questo non garantisce che la malattia migliori, ma sicuramente innesca un circolo di "autoaiuto" dove si impara a darsi una mano, e a prendere i sintomi, che pure possono restare gli stessi, con un diverso approccio. Ti garantisco che a me ha fatto veramente bene. Chiaro che non sostituisce la terapia medica, ma la coadiuva, dandoti modo di vivere meglio sopratutto nei periodi di maggiore ansia e stress. Io lo connsiglio a chi si trova a dover affrontare certi ostacoli, certe patologie dove l'atteggiamento e la testa giocano un ruolo piuttosto importante sulla somatizzazione. Ti sono vicino perchè come tanti altri in questo forum capisco molto bene cosa si prova. Spero di darti un briciolo di serentià in un momento che so essere duro. L. |
26-02-13, 21:30 | #3 |
Socio ◊◊
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Messaggi: 206
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Claudia
io ho avuto la "fortuna" di una diagnosi di crohn già compromesso e quindi solo un anno tra diagnosi e intervento. Ad ogni modo, pur avendo vissuto quell'anno precitevolissimevolmente, ora che sono nella fase post operatoria, vivo i tuoi dubbi e le tue incertezze. Nel mio caso si tratta di trovare la cura: cortisone, no! azatioprina, no! ora Adalimub... forse sì, poi si vedrà. Ed in questa incertezza mi domando chi sono io, chi io sia diventata, e come convivere con la mia "croce" senza che sia lei a vivere al posto mio. Mi aiuta molto la riflessione per cui serenità ed appagamento siano sentimenti non collegati alle condizioni oggettive di vita: mi ripeto di continuo che se ci sono numerose persone con tutti i "numeri a posto", senza problemi affettivi, sanitari ed economici, che ad ogni modo non sanno gustare la vita, ci sono anche persone che non hanno nemmeno più un numero da giocare, ma vivono con godimento i momenti godibili della loro vita. Ed ogni giorno mi alzo e penso che così voglio essere: viva ed attrice della mia vita ogni giorno. Tu hai le mie stesse risorse, lo leggo nelle tue righe. Stanale se puoi. Chicca |
28-02-13, 11:48 | #4 |
Tutor
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Località: Palermo
Messaggi: 266
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Ciao a tutti ragazzi!
Comincio, innanzi tutto, col ringraziare Gerax e Chicca per le dolci parole che mi hanno riservato: mi siete stati di grande aiuto e conforto! Ho passato un'intera giornata a pensare al da farsi, prendendo in considerazione soprattutto la possibilità di potermi liberare da sola della mia prigione. Le mie ansie hanno fatto da padrone negli ultimi mesi, impedendomi di vivere serenamente ciò che accadeva intorno a me e nella mia stessa vita. Mi rendo sempre più conto che un po' di fiducia in se stessi, correlata all'amore dei propri cari e degli amici veri, può farti uscire da quel tunnel del quale non intravedevi più neppure la porta d'ingresso. Spero di avere ancora quelle risorse delle quali mi parli, cara Chicca, perchè odio sentirmi così giù quando invece coloro che amo hanno bisogno della mia forza, che ogni tanto rimane relegata dietro quelle sbarre insieme ai miei cattivi pensieri. Ieri sono andata al Cervello, accompagnata da una delle mie più care amiche. Le leggevo negli occhi che era seriamente preoccupata per me, quasi più in ansia di me per ciò che i medici si apprestavano a dirmi, nonostante lei negasse il suo stato nettamente agitato. Averla al mio fianco è stato fondamentale per non cadere nel baratro della paura, una volta avuta la notizia. Ho aspettato ore prima che i tre medici (la mia ge, il direttore di reparto e il chirurgo) mi ricevessero: prima, difatti, si sono riuniti per valutare bene la situazione e soltanto in seguito mi hanno illustrato le loro conclusioni. Cercherò di non essere troppo prolissa per spiegarvi il meglio possibile. La decisione finale ricade sull'intervento chirurgico, anche se c'è da capire ancora la modalità. Sostanzialmente il mio Morby è "troppo aggressivo, troppo esteso e resistente a tutte le terapie; è tosto, comete!". Sono queste le parole che ha usato il chirurgo. Dall'entero RMN non si riesce a capire bene di che entità è la stenosi, ragion per cui sarò costretta, ahimè, a sottopormi all'RX clisma del tenue, con quel maledettissimo e fastidiosissimo sondino su per il mio -piccolissimo- naso! Dicono che il biologico ha bloccato la malattia (questa è un'ottima notizia), ma la sua aggressività resta tale e quale. C'è anche da considerare il fatto che sono allergica a numerosi farmaci, per cui l'unica soluzione è proprio l'infliximab che a sua volta, però, è controindicato per chi ha una stenosi (la peggiora). Di conseguenza, data la mia multi resistenza ai farmaci (praticamente tutti), la mia refrattarietà, la mia dolorosa esperienza senza vie di scampo, l'unica alternativa terapeutica è l'intervento chirurgico. Mi hanno detto che il tratto interessato è piuttosto lungo e, trovandosi esattamente nella fossa iliaca sinistra, resecare sarebbe rischioso. Il chirurgo mi ha spiegato che, a seconda dell'entità del danno, avremo due opzioni: o la structuro-plastica (stent nella stenosi e ricostruzione del tratto) oppure la resezione vera e propria, che sarebbe meglio evitare data la localizzazione alta, in quanto in seguito avrei problemi di adsorbimento di proteine, vitamine, grassi etc. Io sento che questo sarà un nuovo inizio: non ne potevo più! Girarci intorno mi ha soltanto fatta soffrire, davvero tanto. Troppo. Era da anni che aspettavo una risposta del genere: sono sempre stata consapevole della difficoltà che riscontrano i medici nel curarmi (difatti hanno deciso già da un pezzo di studiare il mio "strano caso"). Non nego che la paura c'è, e anche tanta, ma sono felice di sapere che una speranza esiste anche per me. Forse un bagliore di luce da quella finestra, finalmente, si è fatto largo tra le ombre! Vi abbraccio.
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Claudia |
28-02-13, 12:49 | #5 |
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Messaggi: 167
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Clà questo sarà il tuo nuovo inizio, tieni botta sai che ti penso.
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28-02-13, 14:05 | #6 |
Socio ◊◊
Data registrazione: 14-01-12
Località: Milan area
Messaggi: 206
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Visto! Brava di nuovo a cavallo!
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