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Vivere il Crohn o la Colite Ulcerosa Raccontiamo le nostre storie e i nostri problemi quotidiani. Condividiamo le nostre ansie e le nostre paure, ma anche i nostri successi ed espedienti per vivere meglio la nostra condizione. |
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23-01-14, 12:24 | #1 |
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Rcu e vita sociale
Salve a tutti,
nel 2005 mi è stata diagnosticata, dopo una diagnosi travagliata, la rcu... avevo appena 17 anni. Convivo con questa patologia ormai da 8 anni. Sia per il mio carattere ansioso, riservato e pignolo mi trovo sempre in difficoltà a parlarne con gli altri: con i compagni del liceo mai una parola, o dicevo di avere una semplice colite; con le amiche idem... poi con le coinquiline un forte imbarazzo perchè in una convivenza non è facile tenerla nascosta (essendo in doppia non facevo nemmeno i clismi di asacol perchè non sapevo come dire alla mia compagna di stanza di uscire, e in bagno non riuscivo... rumori intestinali sia di giorno che di notte, scariche frequenti e rumorose che mi portavano a non andare in bagno per giorni quando riuscivo oppure andare quando in casa non c'era nessuno). Per fortuna poi ho risolto prendendo una camera singola e successivamente una singola con bagno; con le colleghe dell'università... tra i rumori in aula che cercavo di camuffare dicendo di non aver fatto colazione e che era il mio stomaco a brontolare per la fame. Dall'ansia di tutto questo sono subentrati gli attacchi di panico: in aula,a casa mia o di amici, nei locali... Paura anche nei rapporti di coppia (non vivo le relazioni spontaneamente come dovrebbe essere) perchè non ho il coraggio di affrontare questo problema, per me imbarazzante con un ragazzo. In ogni momento penso: e se mi viene mal di pancia?! dove corro?! e poi come mi giustifico?!che figuraccia!!! Uniche persone con cui posso parlarne è la mia famiglia ma mi accorgo che per loro è soprattutto fonte di preoccupazione e spesso, senza volerlo, si appesantiscono facendomi mille domande sulla terapia, l'alimentazione, se ho scariche con sangue per cui per non preoccuparli a volte evito, soprattutto se sono manifestazioni lievi. Sono del parere che chi non vive questo non possa capirmi e se ne parlo con qualcuno possa vederlo come un problema ridicolo, perchè è luogo comune ridere e fare umorismo quando si tratta di problemi intestinali. Per questo scrivo qui dove trovo persone con il mio stesso problema. Come avete spiegato la vostra situazione a chi vi sta vicino? Avete avuto difficoltà? |
23-01-14, 21:41 | #2 |
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Ciao Cinzia. Ti giuro, leggendo il tuo post sono rimasta sbalordita! Siamo identiche!! Gli stessi malesseri, gli stessi timori... Se hai voglia, vai pure a leggere qualche mio post al riguardo. Io ho preso da subito una stanza singola quando ero all'università, le mie coinquiline studiavano tutte e 3 medicina, io pure e quindi avevamo gli stessi orari. Mai un momento libero per andare in bagno tranquillamente. Idem per i miei rumori intestinali. Mi hanno rovinato la vita, sono precipitata in un abisso da cui forse sto iniziando a risalire adesso, cercando di capire come gestire il mio pancino. E concordo con te quando dici che molti non capiscono e sottovalutano questo nostro disagio. Ho scritto recentemente in un post che per evitare di avere rumori intestinali in aula, cerco costantemente di eliminare l'aria intestinale (ovviamente quando sono a casa eh!). Mi sforzo sempre di far uscire tutta l'aria e cerco di non trattenerla mai. Più aria espello e meno rumori faccio. Certo, qualche rumorino c'è sempre, ma non come il primo anno di università che, a causa della convivenza con sconosciute, è stato pesantissimo anche perché in casa eravamo 4, con un solo bagno e per di più era senza finestra. Con i miei colleghi non parlo di questo mio problema. Ne ho parlato solo a 2 mie colleghe che ormai sono care amiche, a lezione infatti si siedono sempre accanto a me in modo da non farmi sedere accanto a sconosciuti, visto che in quel caso inizio ad avere rumori fortissimi e udibili. Io mi siedo all'esterno della fila e loro due subito accanto, in modo da creare una ''barriera'' tra me e i colleghi con cui non ho confidenza. Cinzia, posso chiederti quanti anni hai e cosa studi? Io ho 23 anni e studio medicina. Per qualsiasi cosa non esitare a chiedere, visto che siamo così uguali. Un grande abbraccio e sempre forza.
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24-01-14, 11:27 | #3 |
Occasionale
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Ciao Ory90,
grazie mille per avermi risposto. Io ho 25 anni e studio Farmacia. ho letto qualche tuo post, come mi hai consigliata e hai veramente ragione...siamo molto simili. Sicuramente tutti i nostri sintomi fanno parte del pacchetto "rcu" e le conseguenze soprattutto psicologiche nel convivere con questa sono comuni un pò a tutti noi, ma mi rendo conto che i miei, sono limiti mentali che ho posto io stessa e di conseguenza ostacolano il mio vivere da ragazza comune, giovane, che vuole divertirsi come fanno tutte.. Tutto sommato non ho avuto molte difficoltà ad accettare questa patologia (in senso stretto di convivenza io e lei) addirittura la mia Ge un giorno, vedendomi così serena, mi ha invitata a parlare con un altro suo paziente di rcu che era andato addirittura in depressione perchè non voleva accettare la malattia, voleva che parlassi con lui e che gli spiegassi come avevo fatto ad accettarla. non sapevo cosa dire perchè non lo so nemmeno io... per certi aspetti io non mi sento malata, considero solo le singole manifestazioni più o meno lunghe che ormai fanno parte di me. Però quando si tratta della rcu, io e gli altri... vado in crisi! Qui subentra il mio limite e l'università ha contribuito ad accentuarlo, sopratutto il primo anno come è successo anche a te; più ci pensavo e più tutto aumentava, al minimo problema che mi rendeva un pò più preoccupata del solito ecco che il mio intestino si ribellava brontolando e poi ecco il sangue. Per un anno all'università ho fatto solo 2 esami e oggi mi ritrovo affannata a recuperare. Sono anche andata da una psicologa, sperando potesse aiutarmi a gestire le mie paure e le mie ansie ma niente... un passo alla volta sto facendo da sola! Non so se abbiamo lo stesso problema anche per quanto riguarda la terapia, non avendo detto a nessuno di avere questa malattia prendevo tutte le medicine di nascosto. Per i clismi tabù totalE, solo una volta ho accennato a due mie amiche di aver fatto una colonscopia ed ecco che sono scoppiate a ridere imitando la scena... mi sono sentita veramente piccola! Poi la terapia cortisonica... che guaio, tutti che mi guardavano e mi facevano notare di essere ingrassata e io a tutti dicevo si senza spiegare niente a nessuno! |
24-01-14, 14:38 | #4 |
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Cinzia, più ti leggo e più sono incredula! Siamo veramente uguali! Anche per me il problema è dato dal trinomio "io, la RCU e gli altri". Solo che tu psicologicamente hai accettato la malattia, io ancora no e mi danno l'anima ogni giorno chiedendomi cosa abbia fatto di male per meritarmela. Ma va beh. Il problema 'terapia' diciamo che per me non è mai stato un tabù, anche perché è da poco che ho iniziato a fare i clisteri e in più, dopo il primo anno di università passato in casa con altre ragazze (una più dolce e squisita dell'altra, ci tengo a sottolinearlo), ho avuto la possibilità di vivere in un appartamento da sola e tutt'ora non condivido casa e penso che mai più lo farò. Un po' mi dispiace perché mi rendo conto di privarmi di una cosa così bella come la vita universitaria. Pensa che con i colleghi non esco mai, nemmeno con gli amici. Ogni tanto esco con il mio ragazzo ma più che altro stiamo in casa perché o sto male o fa freddo o non c'è nulla da fare. Poi la situazione clisteri inizialmente è stata poco gestibile. Ovviamente voglio essere sola quando faccio i clisteri, anche perché poi non posso alzarmi altrimenti ho lo stimolo di buttare tutto il medicinale. Spiegare al mio ragazzo che non ci potevamo vedere per le sere in cui avrei dovuto fare i clisteri non è stato facile. Inizialmente abbiamo avuto discussioni perché lui voleva vedermi ugualmente ma io non ero d'accordo. Poi piano piano non so se abbia capito o si sia rassegnato. Purtroppo non posso farci niente ma è più forte di me, i clisteri sono il mio tabù. I miei amici dell'università, solo i più stretti, sanno del mio problema e mi stanno accanto in maniera commovente. Ti racconto questa: ho trovato dei posti particolari in aula, dove sedermi e far sedere la mia cara amica che mi sta SEMPRE seduta accanto. La prima di noi che arriva prende il posto per l'altra e spesso, quando lei arriva per prima e trova i nostri posti liberi, mi manda subito un messaggio dicendomi che i nostri posti sono liberi e che li aveva occupati! Sembra una piccolezza, ma vedere quei messaggi con tutte quelle faccine sorridenti mi fa capire che dobbiamo avere pazienza per trovare le persone giuste di cui circondarci. Per quanto riguarda la terapia cortisonica, sono più i parenti a fare gli scemi del tipo 'oh sei più pienotta' invece i miei amici dell'uni non mi hanno mai fatto pesare la cosa, anche perché ripeto che ai più stretti dico tutto. Cinzia, un consiglio che ti posso dare è quello di aprirti con una collega o meglio amica, vedrai che la situazione può solo migliorare! Ci sono tante persone che non capiscono e possono prenderci in giro, ma c'è ne sono altrettante dolcissime che aspettano solo di sapere cosa fare per poterci aiutare. Un abbraccio.
Oriana |
24-01-14, 19:01 | #5 |
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Grazie Oriana del consiglio, proverò a parlarne di più con le persone di cui mi fido, anche se come hai detto tu non tutte le persone sono uguali, ho amiche comprensive anche io, ma la verità è che sono io che ho difficoltà ad aprirmi con loro ed essere spontanea, per quanto riguarda i ragazzi, purtroppo non ho una buona considerazione in generale, figuriamoci a parlare di una cosa del genere, ma sono convinta che è solo questione di trovare la persona giusta, chi mi amerà dovrà convivere anche con il mio problema e con tutto ciò che ne consegue.
Per quanto riguarda l'accettazione della malattia, mi permetto di dirti, non viverla come una punizione perchè se così fosse il mondo è pieno di mali peggiori e ringraziando il Signore la nostra non è poi così grave da compromettere la vita, è solo questione di convivenza, vedila così, se hai convissuto con lei questi anni, lo farai per altrettanti e anche di piu, recidiva dopo recidiva, momenti di calma dopo momenti di calma vanno presi come vengono e si va avanti... |
25-01-14, 15:23 | #6 |
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Cara Cinzia, hai ragione quando dici che ci sono mali peggiori. Me lo ripeto spesso anche io. Il mio problema deriva dal fatto che ho sempre avuto un rapporto particolare con il mio intestino, anche da prima che mi diagnosticassero la RCU. Ti faccio alcuni esempi. Una volta mia madre ha invitato alcuni parenti nella nostra casa in montagna. Casa piccola, con un solo bagno. Ebbene, ci siamo entrati in 10 adulti + 2 bambini. Ancora non avevo la RCU e i parenti sono rimasti per 8 giorni. Bene: sono stata 8 giorni senza andare in bagno. Non perché non potessi (certo, essendo in 12 non è che potessi stare in bagno molto), ma perché era tantissimo l'imbarazzo di far capire che stavo andando in bagno ed eventualmente fare cattivo odore.
Poi una volta sono andata in Spagna con i miei amici, siamo stati 8 giorni in giro per l'Andalucia e per 8 giorni... Niente bagno per 8 giorni, sempre per l'imbarazzo di far capire alle mie compagne di stanza in hotel che stavo andando in bagno per liberarmi delle feci. Però diciamo che in quella gita ho mangiato paella tutti i giorni, e sappiamo tutti che il riso stringe!! Anche qui ancora non mi avevano diagnosticato la RCU. Invece, il seguente caso si è svolto questa estate, quindi già con la RCU da 4 anni. Sono andata 3 giorni a trovare i miei cugini al nord Italia. In questo caso ho per forza dovuto andare in bagno, ma lo facevo di nascosto e sempre quando entravo in bagno per fare la doccia. Quindi il mio è un problema che risale a tanto tempo fa. Non so perché ho questo blocco. E questo blocco mi porta a non accettare la malattia. Come tu hai difficoltà ad aprirti con gli altri, io ho difficoltà ad accettare la malattia. Ho provato a farmi seguire da una psicologa una volta, ma non mi è stato affatto utile. Sinceramente vedo ancora lontano il momento in cui accetterò serenamente la malattia, forse perché nella vita reale non ho ancora avuto modo di confrontarmi costantemente con chi vive il mio/nostro stesso problema. |
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